Le Mattaglie rappresentano uno dei momenti di maggior spicco e maggiormente conosciuti nell’opera sterminata di Luciano Bottaro. Un nome molto appropriato, quello che il Maestro di Rapallo ha voluto scegliere per questi autentici gioiellini di vis comica e di impegno grafico: le Matte Battaglie possono a giusta ragione considerarsi un manifesto dell’arte del disegnatore ligure, e riescono a suscitare in chi le osserva un istintivo buonumore, non dissimile da quello che si può provare con un film di Chaplin.

Il paragone non sembri casuale o irriverente. Pur nella loro giocosità, anche le Mattaglie, come l’omino coi baffi, inducono a riflettere sulla guerra, sulla futilità di conflitti che, seppure risolti qui sul piano di un humour sottile e allusivo, non perdono nulla della loro essenza vana. Ecco allora che la piccola, incisiva interiezione, corollario necessario e sufficiente ad ogni singola Mattaglia, il motto di incongruo (per il contesto, ovviamente) spirito che sottolinea l’intero edificio grafico, colpisce l’osservatore con la stessa forza dei silenzi di Charlot.

un omaggio a Mort Walker


un omaggio a Mort Walker

È un piccolo mondo giocato sul paradosso, quello di queste affollatissime istantanee comico-guerresche: un mondo irreale che ben conoscono, sotto forme diverse, i lettori del Dottor Paperus o del Paperin Furioso. Un universo in cui improbabili armigeri prendono il sole fumando la pipa, leggono tra nugoli di frecce, giocano a carte e persino guardano con aria famelica belle ragazze seminude capitate chissà come nel conflitto: tutto assolutamente bottariano, e non potrebbe essere che così.

Un universo, come acutamente rileva Ferruccio Giromini, in cui «paradisi e inferni (…) arrivano a mescolarsi in modo inestricabile (…), dove il disordine appare meravigliosamente ordinato» (AA. VV., I mondi fantastici di Bottaro, Rapallo, 1997). O, come scrive Luca Boschi, dove vengono rappresentati dei «veri e propri grovigli umani (…) disegnati con una linea chiara encomiabile che ha qualche punto in comune con la comicità di Mort Walker e con gli altri disegnatori della cosiddetta Scuola del Connecticut» (ibidem).

Luciano Bottaro inizia a disegnare le sue medievaleggianti risse nel 1967, quando è in fase di realizzazione la nuova rivista Redipicche, per conto dell’Agis: il progetto prevede infatti alcune pagine di varietà umoristico in bianco e nero. Il rapallese prende carta e matita e disegna due buffi eserciti che se le danno di santa ragione. «Per mettere un poco d’ordine nel caos, decisi di guarnire la scena con una battuta’, ricorda il Maestro: ‘Chi ha perso un bottone di madreperla alzi una mano!».

la copertina del volume della Darsena


la copertina del volume
della Darsena

La prima Mattaglia (anche se nessuno le chiama ancora così) della serie è finalmente nata. Bottaro non fa mistero di essersi ispirato ad Antonio Rubino, suo faro artistico da sempre, che in una rivista edita al tempo della Grande Guerra, La Tradotta, si sbizzarriva a disegnare umoristici conflitti tra i soldati italiani e quelli austro-ungarici. Il Redipicche pubblicherà, senza titolo, quattro di queste mischie straordinarie, poi ristampate nello mitico Un mondo di fumetti (Edizioni Cenisio, Milano, 1971), quindi troveranno spazio sulle pagine del Corriere dei Piccoli. È qui che il direttore Luciano Visintin, con una splendida intuizione, propone a Bottaro di chiamarle Mattaglie.

particolare di una celebre mattaglia bottariana


particolare di una celebre
mattaglia bottariana

A tutt’oggi il loro numero si aggira sull’ordine della cinquantina (nel 2003 è uscito un volume di 32 pagine edito dalla Darsena che ne raccoglie qualche decina, comprese alcune fino ad allora inedite), di svariati formati e tutte disegnate a penna e china: anche se talvolta pubblicate a colori, rendono sicuramente al meglio delle loro possibilità col bianco e nero, come lo stesso Maestro preferiva. Tra l’altro, una Mattaglia originale è conservata nell’enorme museo che proprio Mort Walker, il grande autore di Beetle Bailey, ha organizzato a Boca Raton, in Florida (purtroppo chiuso al pubblico – speriamo temporaneamente – dal 31 luglio 2002). Giusto e doveroso omaggio del padre del più famoso e divertente soldato dei fumetti a un artista che adopera l’ironia come arma contro le armi e tutti gli eserciti.